Suonava l’orologio del Santo; erano le quattro del mattino, mia madre aspettava ed io non ero ancora nato.
Suonavano le cinque ed io ero appena nato alla luce di questo sole; ma il sole non c’era. Pioveva…
Era primavera, il Maggio, eppure il cielo era triste: non era triste, no, il Cielo, ma la terra sola. Gesù era salito al suo posto accanto al Padre. Io piccolino disceso dalle mani di Dio mi son trovato davvero nell’esilio. I prati del primo Maggio erano bagnati.
Dio mio, è vero che io ebbi sempre nel cuore quella pioggia, quel pianto, quel vuoto, quel sentirmi estraneo alle cose di quaggiù. Gesù Tu l’avevi portato schiavo con Te lo spirito mio; ed era appena uscito dalla mano creatrice del Padre! Tu dai, doni e riprendi, illumini e spegni, crei e apparentemente distruggi."
Abbiamo trovato in una soffitta libri e diari di Orlando risalenti al periodo del Seminario. Il primo è datato al 1952, sesto anniversario del suo ingresso presso i Padri Cavanis di Possagno (era il 1946) e sembra iniziare nella Quaresima, pressapoco lo stesso periodo in cui Orlando aveva scattato questa foto con il piccolo Gabriele. Ancora non immaginava che, in quello stesso anno, avrebbe dovuto rinunciare all'ordinazione sacerdotale e fare ritorno a casa per gravi problemi di salute, ma, ad una prima letta, sembra avere continuato a scrivere anche negli anni successivi.
Il diario è intriso di un misticismo che risente sicuramente dell'influsso dell'ambiente del seminario e del linguaggio religioso dell'epoca; ma già affiora potente, tra le righe, il talento di Orlando per la scrittura.
E c'è una nuova narrazione del suo incontro con Gesù, la visione che ha segnato la sua vita, di cui rivela particolari inediti, sicuramente interessanti, considerando che si tratta del più vecchio degli scritti autobiografici di Orlando di cui sono a conoscenza.
Innanzitutto il luogo della misteriosa visione non è Santa Sofia, come riferito in Lallo e Mamo, ma la cappella universitaria di San Massimo. Orlando colloca l'episodio nel suo sesto anno di età, quando ancora la famiglia risiede a Ponte San Nicolò e lui deve incominciare la prima elementare.
Una di quelle mattine, da S. Giustina passammo nella Chiesetta del Pensionato Universitario.
Non c’era nessun fedele. All’altare si stava per parare un prelato per la Santa Messa. Mia Madre pregava avvolta nel suo scialle fissando il Tabernacolo, io non potevo capire la sua Fede. Lei cercava in Dio la forza, per portare la sua non piccola croce.
Quel giorno fu un gran giorno credo. M’incontrai con Gesù. Avevo lasciato la mamma e m’ero allontanato, solo, nella Chiesa deserta. Ed ecco che dietro ad un pilastrino accanto ad un altarino laterale trovo un Uomo seduto. Era Gesù. Non so se fosse una statua posta lì per caso, certo, sarebbe stata fuori posto. A me sembrava di trovarmi davanti a Gesù. Nessuno m’aveva detto ch’era Lui, ma ci vuole poco per indovinarlo.
Non ebbi paura, solo il suo sguardo insistente, amoroso e profondamente penetrante mi fece abbassare il capo. Volevo aspettare, dirGli qualche cosa. Dio mio! Tu mi invitavi! Tornai dalla mamma e le dissi, col cuore in gola:
«Mamma, ho visto il Signore.»
Essa mi rispose così:
«Va’ là, matto?...» e continuò a pregare. Ma io non ero soddisfatto e m’affrettai di tornare da Gesù, ma Egli non c’era più. Là c’era la cassetta su cui sedeva, ma Lui non c’era più.
Un freddo pervase l’anima mia, mi prese un lieve, ma vivo rimorso d’averlo abbandonato, di non averGli detto nulla. Fu il mio primo incontro, ma noi ci conoscevamo già. Egli era coronato di spine, legate da una fune le mani e teneva uno scettro: era il Re da burla, il Figlio di Dio fatto peccatore, per me. Credo ch’Egli in quel giorno abbia impresso nel mio spirito quello sguardo. Io non lo posso dimenticare. Quello sguardo sento, che mi laverebbe profondamente il cuore, m’infiammerebbe d’Amor vero."