"Concluderò quest’anno per tanti versi ricco di segni con una performance: Vivaldi e Chopin. È sempre un tentativo per parlare d’ALTRO: “Ogni colore s’accosta, s’appoggia all’altro per restare più SOLO» Ungaretti."
Ho lavorato di recente sull'epistolario di Don Giancarlo Broetto, a Sarmeola. Ho trovato alcune lettere di Orlando dall'Australia: era il suo secondo viaggio, ospite come sempre da Damiano e famiglia, nel 1996, esattamente 20 anni fa. Giunto alla vigilia di Capodanno, Orlando vuole fare un bilancio della sua situazione esistenziale, spesso difficile, ma più spesso ancora entusiasmante, soprattutto sullo sfondo dell'Australia, il mondo nuovo per eccellenza. E decide di celebrare il futuro con una sua performance, che definisce con il termine di "happening". "Dell’Australia ti dirò solo che è lo splendore della natura: cieli, alberi, uccelli. La notte, sperduti nell’immensità dei deserti, t’accorgi del cielo e come d’incanto ti trovi sepolto di stelle che ti trapassano. Sogno di portare in pittura tanta silenziosa eloquenza. Ho un albero per amico, sotto il quale ho veduto l’essenziale e ricordato “quei TRE” sotto la quercia con Abramo. Ho dipinto una decina di pezzi- sotto il metro- per lasciare qualcosa ai nipoti, i figli di Damiano." Ecco che cosa intende Orlando per "i TRE sotto la quercia con Abramo" "Concluderò quest’anno per tanti versi ricco di segni con una performance: Vivaldi e Chopin. È sempre un tentativo per parlare d’ALTRO: “Ogni colore s’accosta, s’appoggia all’altro per restare più SOLO» Ungaretti." "Questa sera nel cortile – giardino- come a Sarmeola- io farò una performance sull’Unità. Musica, colori e danza. Non a caso avremo alcune Piccole Sorelle di Gesù. Una di queste m’ha conosciuto a N. Y. come il fondatore di quella fraternità. È stata gentile a ricordarmelo. E Dio non si pente, quindi ringraziamo. San Giovanni XVII sarà il testo dominante. Io non parlerò." " L'ultimo giorno è bello, ventilato, tanto sole. Ho anticipato il rientro perché sono stanco, al limite. Ho lavorato molto, riposando sotto ad un albero degno di Abramo. Ci penso ai TRE. Posso dire: missione compiuta. La performance è stata buona. Ho lavorato poi tutto il giorno seguente ad ultimarla." "220 x 200. Al centro il Padre con la testa inclinata verso la Persona dello Spirito, il quale ha una mano alzata a mo’ di specchio. Sulla sinistra il Verbo che quasi s’appoggia al padre- mostra la mano stigmatizzata. Tutto questo l’ho letto dopo, un dopo che non è ancora finito. Lavorando così si fa teologia, perché l’happening è orazione unitaria- corpo e anima. È come recitare il breviario camminando nel giorno nuovo. Mettici il merlo, l’albero del noce e qualche fiore e sei in HAPPENING! GO! VA’!" Auguro un happening di gioia a tutti quanti, per il 2017.
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E' in corso alla Guggenheim Foundation una bella retrospettiva su Tancredi Parmeggiani, intitolata significativamente "La mia arma contro l'atomica è un filo d'erba". Tancredi, veneto di Feltre, aveva conosciuto i fasti della consacrazione artistica grazie all'appoggio di Peggy Guggenheim, che lo definì il più promettente tra gli artisti italiani, e donò varie sue opere ai musei americani per lanciarne la carriera. Ma Tancredi era irrequieto, insoddisfatto, folle; tagliò i ponti con Peggy, cercò invano la serenità in Norvegia, patria di sua moglie, finì per ritornare a Roma e morì suicida, nel 1964. L'incontro tra Orlando e Tancredi risale a due anni prima, nel gennaio 1962, in occasione della grande mostra di Bill Congdon a Milano, Sala delle Cariatidi. Congdon è ovviamente l'anello di congiunzione tra i due; è lui che ha presentato Tancredi a Peggy, introducendolo in quel mondo che lui stesso ha abbandonato, e soprattutto che lo ha abbandonato, dopo la conversione al cattolicesimo del 1959. La mostra, che espone i quadri del 'nuovo' Congdon, soggetti di ispirazione cristiana, è sommersa da un mare di critiche. Lo stesso Tancredi, presentandosi ad Orlando, gli domanda: "Sei anche tu un culvertito?" riassumendo perfettamente l'atmosfera di pettegolezzi che ruotano intorno all'artista americano, a proposito del suo misticismo, ma soprattutto delle sue abitudini sessuali. Una foto storica; a destra, William Congdon Orlando, a cui nulla sfugge negli incontri umani, è estremamente colpito da Tancredi. La sua bellezza e intelligenza gli resteranno impresse a lungo, tanto da ritornare più volte, nelle lettere a Congdon, sulla sua figura: Io sono spesso tentato di porre fine a questa pena e questa incertezza alla stessa maniera di Tancredi. Lui non riusciva più a dipingere perché era malato, io lotto con la miseria e la incomprensione del mio destino. (Congdon ha aggiunto alla lettera un commento in rosso, come faceva sempre nel raccogliere il proprio epistolario: "Suicidio". ) Malato, di quella follia che nell'empireo degli artisti non è negata a nessuno; eppure Tancredi poteva godere di tutto ciò che ad Orlando è mancato da sempre. Seguendo le fasi della sua pittura, si può notare come ci sia molto Tancredi nell'ispirazione di Orlando, mentre non c'è quasi nulla del 'maestro' Congdon; ma Tancredi era avanti, rispetto ad Orlando, di almeno una decina d'anni. Il suo grande talento fiorisce con pienezza negli anni Cinquanta, e nei primi Sessanta, quando Orlando inizia faticosamente ad affermarsi, già si spegne. Colpa della povertà, della mancanza di studi- che per Tancredi furono invece brillanti- e soprattutto colpa del seminario, che ha completamente arrestato la carriera di Orlando negli anni centrali della sua giovinezza. Arrivato finalmente il suo momento, dopo tante battute d'arresto, Tancredi e Congdon, per motivi diversi, non potevano più presentargli la corte di Peggy Guggeneheim. O forse, chissà, merito del seminario se Orlando ha potuto salvarsi dall'abisso. Venezia negli occhi di Tancredi
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Settembre 2017
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