"Ho scritto quella cosa che lei mi chiedeva, poche righe per esprimere 'la stima che ho di lei'."
"La ringrazio. Mi apra la busta che lo leggo subito".
Se la gode moltissimo, soprattutto nel passaggio in cui affermo che "Conversare con Riccardo Galuppo è un’esperienza della vita: dialogo diretto, veritiero, come bere un bicchiere d’acqua fresca. Il mio prozio Orlando in una sua lettera lo definiva “un uomo ferocemente integro”, e difatti la sua visione del mondo è politicamente, meravigliosamente scorretta, come certe cose che a scuola non sta bene insegnare ma sono istruttive lo stesso."
"Ha scritto benissimo. Posso darle un bacio?... Sa, non avevo mai baciato un critico. Ma chi dovevo baciare, Segato? Era comunista, e aveva i baffi!..."
"Le voglio regalare la mia monografia, finalmente sono riuscito a terminare la raccolta completa della mia opera."
Mi affida un librone verde, elegante e patinato, ricco di poesie, lettere di amici (tra cui Orlando) e recensioni di tutte le sue fasi pittoriche.
Flashback, come nei film: a Spello, un anno prima, io e la mia amica Letizia stiamo mettendo ordine tra le foto di Orlando e ci soffermiamo su due scatti, quello in testa al post ed il seguente, che colpiscono la nostra fantasia.
"Signor Galuppo, ma chi sono queste persone? Me lo chiedo da un sacco di tempo."
Mi rivela che Mariella Cortese era una giornalista, in seguito sposatasi con un facoltoso personaggio, mentre gli altri sono pittori padovani, più o meno suoi amici. Riconosco la famosa Dolores Grigolon, di cui mi ha parlato Giuseppina Tozzola Trevisan, di Noventa, che è stata sua allieva; Giovanni Longinotti e Renato Vanzelli erano addirittura suocero, tradizionale e stimato, e genero, rivoluzionario e ribelle; Gardini è il padre della conduttrice Elisabetta, come molti altri è scomparso prima che avessi modo di incontrarlo. E, naturalmente, il più pazzo di tutti, con il tovagliolo in testa e poi sedotto dal pendaglio di Mariella Cortese, è lui, senza ricci.
Vorrei dire che tutto quello che ho fatto dopo, a Padova, l'ho fatto per loro. Per riportarli dove si meritano, al di là di una tavolata guascona al ristorante, di nuovo al centro dell'attenzione del mondo artistico e accademico. Volevo che al museo degli Eremitani, nella sala del Romanino, circondati da enormi tavole del Cinquecento che mi riempiono di soggezione come se non avessi mai visto una pinacoteca in vita mia, Elisabetta Vanzelli presentasse la pittura padovana del Novecento, inserendoli in un discorso culturale superiore a quanto sarei in grado di produrre da sola con i miei racconti. Volevo che una persona gentile, disponibile e preparata come Elisabetta Gastaldi raccontasse ai presenti la vita di Orlando, illustrandone l'opera di proprietà dei Musei Civici, che è esposta nel corridoio del suo ufficio, in via Porciglia. E poi immaginavo che Maila si sarebbe commossa, nel presentare il suo video a pochi passi dalla Croce di Giotto...
Ho creduto che la presentazione di Padova sarebbe stata molto faticosa da sostenere, per la necessità di costruirla con persone estranee, ed invece queste foto, oltre al sostegno incoraggiante di Massimiliano Sabbion, l'hanno resa un altro momento di famiglia. Ma sarebbero altre storie da raccontare.